L’Italia possiede nel Cunto de li Cunti del Basile, il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari. E’ un libro di fiabe, cioè di «quei racconti tradizionali, nei quali prendono parte esseri sovraumani ed extraumani della mitologia popolare: fate, orchi, animali parlanti, vegetali e minerali di prodigiosa virtù e via dicendo.» Così Benedetto Croce definì il «Boccaccio Napoletano», Giambattista Basile: scrittore unico nel suo genere per il Seicento italiano. Dalla penna e dall’immenso estro letterario e linguistico dell’autore da una parte, e dall’osservazione meticolosa della realtà e dei racconti popolari del suo tempo, il suo capolavoro multi fiabesco in antico dialetto napoletano, «Lo Cunto de li Cunti», o «Pentamerone», è da sempre uno dei principali punti di riferimento scritti della più classica tradizione italiana della Fiaba. La sua Opera, insieme a quella del Boccaccio è tra le più antiche e importanti del nostro patrimonio letterario nazionale, e la sua rilevanza è tale, da essere riuscita persino ad influenzare il lavoro di altri illustri raccoglitori, rielaboratori e scrittori di fiabe del Continente, tra i quali i tedeschi Grimm.
Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, Il gatto con gli stivali, Raperonzolo vengono associate ai fratelli Grimm e Perroult. In realtà queste fiabe che ci riportano alla nostra infanzia vennero scritte nella versione originale e per la prima volta da un nobile napoletano, Giambattista Basile (1566-1632), nel libro “Lo Cunto de li Cunti”, pubblicato nel 1634, una raccolta di 50 fiabe completata in Basilicata e Campania nel 1630, precisamente tra Acerenza e Giugliani, dove soggiornò lo scrittore, quando prese servizio per il Duca di Acerenza, Galeazzo Pinelli.
Basile prese spunto dalle tradizioni popolari lucane e campane, che lo stesso era solito raccogliere durante i suoi soggiorni.